Il ruolo degli investimenti esteri in Italia

Jan 10, 2013 779

Il Consigliere Delegato della American Chamber of Commerce Simone Crolla ha risposto con una riflessione all'articolo di Dario Di Vico sul Corriere della Sera del 9 gennaio 2013.

Egregio Dott. Di Vico,

ho letto con interesse ed attenzione il Suo articolo sulle pagine odierne del Corriere della Sera inerente al rapporto tra il sistema Italia e le multinazionali. Dalla mia posizione vorrei portare all'attenzione Sua e dei Vostri lettori alcuni dati che dimostrano l'importanza e la priorità di rafforzare il rapporto tra il nostro Paese e le imprese multinazionali, in particolare quelle americane. Le multinazionali estere operanti in Italia sono per noi una vera e propria risorsa: come da Lei citato, occupano più di un milione di persone, rappresentano un fatturato aggregato di 500 miliardi di euro e gli investimenti diretti esteri equivalgono circa al 15,2% del PIL. La presenza di multinazionali straniere nel nostro Paese comporta anche dei vantaggi meno immediati ma non per questo meno importanti: la presenza di un'azienda controllata può garantire sia la possibilità di accedere a nuovi mercati, consentendo di sfruttare direttamente una rete di vendita consolidata nel paese straniero, sia l'opportunità di trasferire pratiche organizzative, competenze manageriali, tecnologie, ecc. La presenza di aziende estere permette perciò il processo di diffusione di elementi di diversità che favorisce la creazione di innovazione.

Il nostro Paese, tuttavia, soffre di un problema di attrattività nei confronti delle imprese straniere: il rapporto investimenti diretti esteri e PIL è il più basso tra quello delle principali economie europee (34,6% Francia, 19,9% Germania, 42% Spagna e 49% UK). L'Italia è l'economia che tra queste sta soffrendo maggiormente per raggiungere i livelli pre-crisi (nel 2007 attirava 376,5 miliardi di dollari, oggi solamente 332 pari all'88% del livello del 2007), a differenza delle altre economie europee che, oltre ad aver recuperato il terreno perduto, hanno anche avviato un processo di crescita: la Germania ha superato i livelli pre-crisi del 2,6% e la Spagna dell'8,3%. Questo ragionamento, ovviamente, è valido anche per le multinazionali americane in Italia: negli ultimi vent'anni il nostro Paese ha perso una notevole quota di attrattività per gli investimenti americani, passando dal 6° al 13° posto tra i paesi europei. Questo gap è legato ad alcuni "nostri" problemi storici: la farraginosità della burocrazia, la mancanza di certezze legislative e l'alto livello di tassazione per le imprese fanno crollare l'Italia nella classifica "Ease of Doing Business" della World Bank al 73° posto su 185 paesi.

Ciononostante, il nostro Paese non offre solo barriere ma anche opportunità. Un'indagine condotta da AmCham Italy sui Ceo delle principali aziende statunitensi presenti sul nostro territorio rileva come l'Italia abbia un vantaggio competitivo in termini di capacità innovativa e di qualità del capitale umano. Questi sono solo alcuni degli elementi che attraggono grandi multinazionali Usa che credono e investono nella nostra economia: Dow Italia nel 2012 ha investito in un nuovo impianto per la produzione a Fombio (Lodi) e in un centro globale di ricerca e sviluppo a Correggio (Reggio Emilia); Heinz Italia, sempre nel 2012, con un investimento di 30 milioni di euro ha trasformato lo stabilimento Plasmon di Latina nella propria base mondiale per lo sviluppo del baby food; con un investimento di quasi 4 miliardi di dollari, Baxter ha acquisito Gambro, il colosso svedese biomedicale con sede nel modenese; e ancora General Electric che per 3,3 miliardi di euro ha acquisito la divisione aeronautica della Avio. Questi sono solo alcuni esempi.

Appaiono evidenti le enormi opportunità per il nostro Paese derivanti dall'attrazione di investimenti diretti esteri, che dipendono dalla semplicità e dalla certezza del nostro sistema economico, politico, giuridico ed amministrativo. Partire da questo punto è sicuramente una delle priorità per favorire il rilancio della nostra economia.

Simone Crolla
Consigliere Delegato - American Chamber of Commerce in Italy

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