Carrie Sackett (Executive Director - Boys' & Girls' Towns of Italy)

Apr 23, 2013 4895

Subito dopo la seconda guerra mondiale l'Italia era un Paese in grande difficoltà. Sollevati per aver lasciato alle spalle un terribile periodo, ma con una difficile ricostruzione davanti a loro, gli italiani contavano molte sacche di povertà e di grande disagio. Un Monsignore di origini irlandesi, Giovanni Patrizio Carroll-Abbing, prese l'iniziativa di dar vita una città per i ragazzi italiani che necessitavano aiuto. Iniziò a raccogliere fondi negli Stati Uniti, mentre nella periferia romana cresceva una vera e propria piccola città, in cui i ragazzi venivano accuditi e curati, andavano a scuola, imparavano un mestiere e ad autogovernarsi.

Monsignor Carroll continuava a fare avanti e indietro dagli Stati Uniti, con nuovi fondi e aiuti che fecero crescere la città e permisero a molti ragazzi italiani di scampare ad un futuro tremendo, e di trovare la loro strada nella vita. Tutti, un po', figli suoi. Questo sant'uomo, se mai ce n'è stato uno, chi scrive ha avuto l'onore di conoscerlo, perché mio padre andava ogni giovedì pomeriggio a curare i denti dei ragazzi, ovviamente pro bono. Sono davvero molto poche le persone che mi hanno insegnato di più di Monsignore, e questo sentimento accomuna tutti coloro che hanno avuto la gioia di conoscerlo.

Oggi la Città ha un corrispettivo anche per le ragazze, e a dirigerla da New York c'è una giovane e tenace manager, Carrie Sackett. Le chiediamo qualcosa su questo progetto, che è uno dei più commoventi e significativi simboli della gratitudine che l'Italia deve agli Stati Uniti, sempre generosi. E anche ad un Monsignore irlandese che ci ha lasciato ma che vive ancora nei cuori di tanti ragazzi oggi uomini, che non lo dimenticheranno mai.

Dott.ssa Sackett, lei è l'Executive Director del progetto Boys' & Girls' Towns of Italy, erede di quella Città dei ragazzi fondata dopo la seconda guerra mondiale a Roma per opera di Monsignor John Patrick Carroll-Abbing. E' una storia magnifica di un uomo straordinario, che le chiediamo di raccontare anche ai nostri lettori. Come nacque la Città dei ragazzi?

La Città dei Ragazzi nasce dopo la seconda guerra mondiale grazie ad una persona davvero speciale, Monsignor Carroll-Abbing, o "Monsignore", come tutti lo chiamavano sempre. Fu lui che, vedendo i tanti ragazzi senza casa rimasti per le strade italiane, ebbe la visione di dare loro un posto dove stare e poter iniziare una nuova vita, ma in una maniera nuova. Non sarebbe bastato dare loro rifugio e dire loro cosa fare: quei giovani ragazzi italiani, bambini cresciuti troppo in fretta, avevano visto cose tremende e vivevano per strada. C'era bisogno che si insegnasse loro come essere autosufficienti, dando loro responsabilità e fiducia, dicendo loro che avrebbero ricevuto ma allo stesso tempo avrebbero dovuto donare anch'essi: alla comunità, ai loro compagni, per aiutarsi insieme. Nacque così l'idea di una città, nella quale i ragazzi si autogovernassero come cittadini, con una propria moneta virtuale, e dove imparassero a sentirsi parte di una comunità con le proprie regole e i propri ruoli. Ma servivano i fondi per portare avanti il progetto. Durante la guerra, Monsignore era stato un grande leader, aveva salvato molte vite in prima linea con i soldati americani che lo rispettavano molto, ed era stato nominato dal Presidente Roosevelt responsabile della distribuzione di aiuti umanitari agli italiani alla fine della guerra. Così venne in America e iniziò a bussare alle porte per sollecitare aiuto, prima andando dai soldati, poi anche da altri, spiegando cosa voleva fare: e il più visionario dei programmi incredibilmente prese vita, connettendo persone lontane che non si conoscevano, americani e italoamericani solidali che capirono l'importanza della visione di Monsignore e la sua capacità di realizzarla, e donarono molti fondi per far nascere la Città dei Ragazzi di Roma.

Gli americani venivano a visitare le città, ne apprezzavano i risultati, conoscevano i giovani ragazzi italiani che da lì ricominciavano una nuova vita grazie alla loro generosità: andavano a scuola, imparavano un mestiere, facevano sport, crescevano sani e protetti, capivano come e perchè è importante rispettare sè stessi e gli altri. Una storia di grande successo e di amicizia tra Stati Uniti e Italia, da decenni ormai, un progetto unico al mondo che ancora oggi ha la stessa visione e gli stessi valori, e che nel 2011 è stata riconosciuta dall'Unione Europea come il miglior progetto in tutta Europa per l'educazione e lo sviluppo dei ragazzi emigrati.

Da qualche anno il progetto ha vissuto un restyling, e oggi guarda al futuro con rinnovata fiducia: parliamo del presente e del futuro di questa istituzione così meritoria?

Dopo che Monsignore morì, nel 2001, i comitati volontari dei nostri sostenitori continuarono a raccogliere fondi, in tutti gli Stati Uniti: l'eredità di Monsignore era tanto forte da riuscire a proseguire anche dopo la sua morte, e questo è un fatto molto raro, quando un progetto è così fortemente incarnato dal suo fondatore. Però dobbiamo andare in avanti con la nostra missione. Il mondo sta cambiando e dobbiamo farlo anche noi: così, per la prima volta dopo tanti anni abbiamo rinnovato la nostra immagine. Anche le provenienze dei ragazzi sono anche differenti: sono più internazionali. Negli ultimi anni nel mondo il numero di ragazzi scappati da situazioni di grande difficoltà come la povertà estrema o della guerra si è raddoppiato: c'è veramente una crisi umanitaria. Noi offriamo una soluzione con le nostre città dando l'opportunità di migliorare le giovani vite attraverso l'autogoverno. I nostri ragazzi imparano comportamenti e responsabilità importanti di vita che permetteranno loro di partecipare alla società come adulti responsabili. I ragazzi vanno dai 13 ai 18 anni, provengono da più di diciotto differenti paesi e divengono responsabili della loro città, eleggendo sindaci in carica per 2 mesi e per un massimo due mandati.

I sindaci deliberano sugli affari della città, risolvendo le discussioni fra cittadini o scegliendo il film da vedere il sabato sera. Le ragazze, che hanno una loro piccola città anch'essa in Roma, come si può immaginare hanno visto e subìto cose terribili, e anche per loro il processo di responsabilizzazione e fiducia funziona perché si sentono parte di una comunità che non solo le aiuta, ma le rispetta e crede in loro. Quando raggiunge i 18 anni, qualcuno dei nostri ragazzi va all'università. Molti cercano di mettere a frutto i lavori che hanno imparato: dall'informatica all'idraulica, dalla carpenteria a molti altri lavori artigianali, facendo qualche stage e lavorando part-time già mentre sono ancora da noi. Sanno anche come usare il denaro, perchè all'interno della città usano una moneta interna chiamata "scudi." Il nostro sistema educa i ragazzi al valore del lavoro e dell'impegno personale, e li aiuta a creare vite stabili quando entrano nel mondo reale.

Ci sono cittadini oggi cresciuti che sono rimasti in contatto con la città?

Certamente, molti. Alcuni sono qui in America: al nostro gala la scorsa settimana ce n'erano quattro. Molti sono in Italia e alcuni sono in Europa o nei loro paesi di provenienza. Sono artisti, lavoratori che hanno imparato un mestiere da cittadini, e professionisti di successo. Hanno vite stabili, serene famiglie che portano a visitare la città che li ha tolti dalla strada: molti celebrano il loro matrimonio da noi, significativamente. C'è un'associazione di ex-cittadini che li coordina, che organizza eventi di fundraising, alcuni donano il loro tempo aiutando i cittadini di oggi.

Immagino che abbiate molti contatti e numerosi donatori all'interno della comunità italoamericana ... d'altronde voi vi finanziate interamente mediante donazioni private. Come vi relazionate con gli italoamericani? E con le istituzioni italiane?

Abbiamo italoamericani di seconda e terza generazione tra i nostri donatori, in tutti gli Stati Uniti. Alcuni videro la città quando erano giovani, e i loro genitori li portarono a visitarla: oggi sono professionisti di successo, e non hanno dimenticato l'insegnamento che i loro genitori vollero dare loro. Tutti i comitati organizzatori sparsi per l'America sono su base volontaria.
Alcuni membri del nostro board sono anche parte della NIAF e di altre associazioni o istituzioni che rappresentano gli italoamericani. Le istituzioni italiane qui in America ci sono vicine: con quelle in Italia dialoga in particolare il Presidente delle Città Dei Ragazzi che le coordina da Roma, il Dott. Porfirio Grazioli. Ci sono collaborazioni con enti pubblici e privati, alcuni media si sono occupati di raccontare la nostra storia, alcuni ex-cittadini spesso hanno parlato in pubblico di quanto la città abbia cambiato la loro vita.

Nella vostra rassegna stampa abbiamo trovato un articolo del 1960 in cui si descriveva la Città dei ragazzi come "Un tributo al cuore dell'America": e in effetti è stato grazie alle donazioni di facoltosi americani che la città ha aiutato così tanti giovani nel corso dei decenni. La leggenda antiamericana che spesso siamo costretti a sopportare vuole che sia solo perché ci sono agevolazioni fiscali: ma in realtà in Italia le donazioni si possono detrarre come e a volte più che negli USA. La verità è che gli americani sono il popolo che da sempre dona di più in beneficenza e solidarietà nel loro Paese e anche di tutto il mondo. Perché nella società americana il concetto di donazione è così importante?

E' vero, in America è molto importante il concetto di give back. Noi riceviamo aiuti dai grandi donatori dotati di grande patrimonio, da amici della Città dei Ragazzi sparsi per tutti gli Stati Uniti, che vengono da tutti ceti della società, e sposano ancora oggi la visione e l'opera di Monsignore, e hanno piacere ad aiutare i nostri cittadini. Questo è tipico della cultura americana. E' probabilmente qualcosa che nasce dal fatto che siamo un paese nato e sviluppato da immigrati che arrivarono e arrivano senza molte fortune, e però qui trovano aiuto e il modo di avere successo, lavorando duramente. E' forse l'aspetto migliore della società americana.

A fine maggio, ad esempio, faremo una visita alla Città con alcuni nostri donatori, per permettere loro di continuare a vedere i risultati del loro aiuto e promuovere i successi ottenuti sollecitando ancora più persone ad aiutare il nostro progetto e i cittadini.

L'Italia è un Paese conosciuto in tutto il mondo per l'esportazione della sua eccellenza nel cibo, nella moda, nel design, in tutto cio' che è Made in Italy. Se ci pensiamo, grazie alla visione e all'esempio di Monsignore e all'aiuto nel corso dei decenni di tanti americani e italoamericani che ne hanno condiviso lo spirito, la Città dei ragazzi è un altro tipo di eccellenza innovativa e vincente che l'Italia esporta nel mondo: un'innovazione sociale anzichè imprenditoriale, ma ugualmente di successo e con grandi risultati.

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