Una volta Giulio Andreotti venne a New York nel 1991 solo per partecipare a un convegno di latinisti. Il convegno si teneva all'Hotel Plaza e Andreotti che era allora Presidente del consiglio dedicò la sua tre giorni esclusivamente a un confronto scientifico con latinisti americani. Un'altra volta andò a Disneyland. Spessissimo veniva in città per incontri alle Nazioni Unite. Altre volte parlava di calcio e di quanto sarebbe stato importante per l'America diventare una squadra nazionale "firts class". Altre volte ancora si recò nella grande America del West dove cercava di avere sempre un rapporto diretto con la comunità italo americana.
A Washington poi, dove era di casa, si è dovuto occupare di tutto, di politica estera, di economia, di difesa e non solo in quella decina di volte in cui è arrivato nella capitale americana come presidente del consiglio, ma nei passaggi, un record che non è mai stato ripetuto da nessun altro politico italiano, per quasi ogni dicastero ora nella sua veste ministro degli esteri, della difesa, delle finanza e dell'industria, del Tesoro, delle partecipazioni statali. Questo per dire che il rapporto di Andreotti con l'America è sempre stato molto profondo e molto complesso, con sfaccettature diverse a seconda della tematiche.
Con i latinisti si trovava a suo agio. Ma il fronte politico è stato in generale più teso di quanto non sia stato il suo rapporto personale con l'America. Già a partire dalla Presidenza Kennedy, parliamo del 1961-62, quando era un giovane influente democristiano ancora lontano dalla presidenza del consiglio, si era convinto che la nuova amministrazione volesse aprire ai socialisti. E fece un putiferio. La realtà delle cose era che John Kennedy non voleva interferire con gli affari interni italiani e quando la DC perse la maggioranza assoluta non manifestò un veto all'ingresso dei socialisti al governo. Ma Andreotti, che allora era schierato con la destra del suo partito interpretò male e – dicono oggi a Washington , in modo sbagliato - quell'apertura di Kennedy.
Se Andreotti era legato all'America dalla convergenza anticomunista e antisovietica, soprattutto fino alla fine degli anni Settanta, non si trovava in sintonia con Washington per le politiche nei confronti di Israele e del mondo arabo. A Washington ci si era convinti che la visione mediterranea andreottiana era molto lineare: Non vogliamo creare antagonismo nel mondo arabo, che ci fornisce il petrolio, non vogliamo scontentare i palestinesi che potrebbero facilmetne portarci il terrorismo in casa e dunque la nostra politica mediterranea sarà diversa da quella di Washington, ma complementare, perché quando ci saranno crisi noi avremo un canale di comunicazione sempre aperto e dunque questo agli americani potra' tornare utile. Non fu così quando ci fu l'attacco all'Achille Lauro, nei primi giorni di ottobre del 1985. Andreotti era ministro degli Esteri e consigliò Bettino Craxi di seguire la linea morbida, dell'apertura e non del confronto perché l'obiettivo era quello di salvare tutti i passeggeri. Non andò bene, un passeggero americano di religione ebraica, Leon Klinghoffer, tra l'altro handicappato, venne ucciso a sangue freddo e gettato in mare. A Washington c'era Ronald Reagan che accusava l'Olp. Ma Yasser Araft negava anche se il negoziatore principale si chiamava a Abu Abbas. L'Italia concordo' un salvacondotto per i dirottaori in cambio della libertà degli ostaggi purchè tutti fossero incolumi. Quando si seppe dell'uccisione di Klinghoffer era troppo tardi. I dirottatori legati all'Olp erano già su aereo verso la libertà. Reagan mandò quattro F-14 dalla portaerei Saratoga che intercettarono il volo e lo fecero atterrare alla base aerea americana di Sigunella. Il resto è storia: Craxi ordinò ai militari italiani di riprendere gli ostaggi schierando armi contro gli americani.
Se quello fu il momento più basso nella storia delle relazioni Italia Usa, e per Andreotti e l'America, la riabilitazione venne presto: quando fu di nuovo presidente del consiglio all'inizio degli anni Novanta, George Bush Sr. E il congresso americano lo celebrarono con un doppio onore nel marzo del 1990: Andreotti pronunciò un discorso al Parlamento americano riunito in seduta plenaria e partecipò a una cena di stato alla Casa Bianca. Un riconoscimento per l'Andreotti "complessivo" con cui ha avuto a che fare l'America, un alleato alla fine chiave nella lotta contro il comunismo sovietico in quasi 60 di rapporto diretto con gli Stati Uniti.
di Mario Platero / Il Sole 24 ore