ROMA – "Il Maxxi vuole diventare un punto d'incontro fra creativitá diverse e offrirá spazi a giovani imprenditori sul modello dei meetup tecnologici di New York", ha annunciato la presidente della Fondazione Maxxi Giovanna Melandri durante la discussione su "Tech and the City" che si é svola martedí 19 marzo nel dipartimento di ricerca dello stesso museo, "il posto piú europeo, anzi direi piú newyorkese di Roma", ha detto Melandri. La sala era strapiena, con un centinaio di persone, molte giovani, interessate a capire che cosa del modello di New York puó essere trasferito a Roma.
É bello vedere che le discussioni sul nostro libro stanno diventando l'occasione di lancio di nuove iniziative in Italia: l'Open Space di Tiscali a Cagliari e ora forse i Roma Tech Meetup.
A Giovanna Melandri é piaciuto come abbiamo raccontato lo sforzo di New York di reinventarsi dopo due grandi "botte": l'11 settembre 2001 e la crisi di Wall Street nel 2008. "La rinascita di NYC é frutto dell'intreccio fra forza imprenditoriale, iniziativa privata e anche critica al modello di capitalismo pre-crisi con un'attenzione alla sostenibilitá della crescita – ha detto -. É un modello che non si puó emulare semplicisticamente, ma alcuni dei suoi valori sono importanti anche per l'Italia. In particolare il valore dell'iniziativa individuale e imprenditoriale dovrebbe essere molto piú riconosciuto in Italia". Un importante ostacolo allo sviluppo dell'imprenditorialitá in Italia secondo Melandri é la mancanza di incentivi fiscali per gli investimenti di venture capital. "Le grandi ricchezze delle famiglie dei capitalisti italiani sono investite in modo molto tradizionale; i loro portafogli non dedicano una piccola quota alle startup come succede invece negli Usa", ha detto Melandri che, come presidente di un'altra istituzione – la Uman foundation ("Giving and Innovating") – sta costruendo nuovi prodotti di finanza a favore delle startup culturali.
L'ambasciatore degli Stati uniti in Italia, David Thorne, ha ricordato il proprio impegno a spiegare nel nostro Paese quello che si fa negli Usa con le tecnologie digitali: una sua iniziativa é il Digital economy forum, la cui seconda edizione é in programma a Venezia il 9 maggio. "Nel 2004 io ho organizzato la campagna online di raccolta dei fondi per la candidatura alla Casa Bianca di mio cognato John Kerry, l'attuale segretario di Stato, ma allora era solo l'inizio dell'uso delle nuove tecnologie in politica – ha ricordato Thorne -. Poi Obama nel 2008 le ha messe al centro della sua campagna ed é grazie a questo che ha vinto". Thorne ha anche dato una notizia: Michael Bloomberg, finito il suo terzo mandato da sindaco di New York, potrebbe occuparsi dell'introduzione delle tecnologie digitali al Dipartimento di Stato (ministero degli Esteri) americano: "Ne stiamo parlando insieme". Poi ha detto che cosa manca in Italia per lo sviluppo di un ecosistema di nuove imprese come quello di New York: "Qui il finanziamento delle startup finora é stato fatto con i prestiti bancari, che ora con la crisi sono bloccati. Ci vogliono tre componenti perché il sistema funzioni: 1) gli investimenti di persone pronte ad assumere rischi, come la mia famiglia che dagli Anni Sessanta fa venture capital, sapendo che su dieci aziende finanziate due andranno bene, quattro falliranno e quattro andranno cosí cosí; 2) le grandi imprese che allevino le nuove, dando loro l'opportunitá di essere acquistate e/o crescere e diventare loro stesse grandi; 3) le universitá che sostengano le idee nate dai loro studenti e professori, guadagnando poi con le royalties (commissioni percentuali) sui brevetti sviluppati al loro interno".
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