di Michele Di Lollo
C'è un ponte, una porta che unisce due mondi. La vecchia Italia, la sua storia e l'America. Il sogno di una vita migliore e la terra delle opportunità. We the Italians è il portale che, come uno Stargate, tiene aperta una finestra su queste due dimensioni. Al centro ci sono gli emigranti. Seconda, terza generazione poco conta. Un pezzo di paese che si è staccato e che continua a coltivare le sue radici a migliaia di chilometri di distanza. Il sito internet, ideato da Umberto Mucci, permette proprio a loro e alla comunità americana che vive in Italia di informarsi, condividere e seguire tutto ciò che lega i due Paesi. Si tratta di un progetto nato dalla passione di un uomo per tutto ciò che negli Stati Uniti ha il sapore italiano. News, iniziative, cultura, beneficienza, presto un magazine e tantissimi contenuti che si rivolgono a chi ama l'Italia. Agli italoamericani.
Come nasce l'idea di We The Italians?
Collaboravo con un bimestrale per italiani all'estero, un cartaceo. E studiavo l'ipotesi che il loro sito diventasse il vero canale di comunicazione e di informazione principale, rovesciando quello che facevano e lasciando il cartaceo a supporto dell'online. Sono passati dieci anni. È lì che ho iniziato a riflettere sulle potenzialità di un sito internet che potesse aggregare contenuti su gli italiani all'estero, coltivando la mia passione per gli States.
In che modo sei legato agli Stati Uniti?
Rappresento in Italia l'Italian American Museum di New York, lavoro e conosco gli italoamericani. Ho una rubrica su L'Opinione che ogni settimana intervista una persona che ha un ruolo chiave nei rapporti tra Italia e Stati Uniti. Insegno storia dell'immigrazione italiana a studenti americani che vengono per un semestre qui. Ormai gli Usa ce l'ho nel sangue, e devo a loro se esisto: gli americani durante la guerra salvarono mio padre. Senza di loro lui sarebbe stato ucciso, e io non sarei mai nato.
Da dove sei partito quando hai deciso di creare il sito?
Sono partito dalla ricerca. Cercavo di capire come si potesse sviluppare la mia idea, poi ho scoperto che c'erano tantissimi siti negli Usa che parlavano di italianità.
Navigando tra le pagine di We The Italians, in effetti, si nota che in ogni singolo stato americano c'è un pezzo d'Italia...
È proprio così. Gli italiani negli Sati Uniti sono disseminati in tutti e 50 gli stati e molte delle loro associazioni hanno un sito internet. Quelli che arrivano dai luoghi più popolosi - con le città più importanti e con una comunità italiana più numerosa - sono grandi, divisi per aree tematiche. Contengono sottocategorie legate alla cultura, al business, al cibo, alla moda. Ma in ogni parte d'America c'è qualcosa e tutti questi portali, anche i più artigianali e con una grafica superata, vengono aggiornati con una costanza molto interessante. Rappresentano tutti delle strutture fisiche che si riuniscono, che organizzano eventi e che vivono l'italianità.
C'è una parte del sito a cui tieni di più?
Direi la parte dedicata a quelle che noi definiamo "risorse". We the Italians ospita più di 6.000 contenuti provenienti da diverse fonti news ma anche da 2.500 istituzioni, associazioni, università. Queste sono le risorse. Sono i siti che riguardano le strutture legate all'Italia negli Stati Uniti. Sono geolocalizzate, divise per Stato e il nostro è l'unico archivio web che le raccoglie tutte. Dai dipartimenti universitari che insegnano l'italiano, alle camere di commercio. Poi ci sono i consolati, gli istituti di cultura, l'ambasciata. Le logge dell'Order Sons of Italy in America (OSIA), una delle due grandi organizzazioni che rappresentano l'italianità. Esistono associazioni che raccolgono italiani provengono da una regione, da un comune, da una provincia e si sono stabiliti in un particolare posto degli Usa. Ad esempio, intorno a Chicago è pieno di italiani provenienti dalla Provincia di Modena ...
Sa molto di nazisti dell'Illinois...
Ma quella era fiction, questi sono veri! Gli italiani sono ovunque: nel Kansas ad esempio, o addirittura alle Hawaii, e ovunque celebrano l'italianità. Oltre a queste associazioni ci sono i festival. Negli Usa ci sono più di 300 festival che parlano – a voce ... alta! Come facciamo noi Italiani – del nostro Paese. Sono molto popolari. Qui si sente musica italiana, si mangia italiano, si balla, si gioca a bocce, ci si veste con abiti tradizionali. Alcune sono feste religiose in cui si porta in processione il santo. Sono un punto di aggregazione, di ricordo e di festeggiamento. I Primi italiani in America si aggregarono insieme grazie a queste feste.
C'è molta attenzione nella comunità italoamericana per il nostro paese?
C'è tanta gente negli Stati Uniti che quando sente parlare d'Italia sbatte gli occhi e dice "è meravigliosa". Americani di origine italiana che mangiano italiano, che quando possono vengono in Italia, che vestono italiano, che comprano design italiano, innovazione italiana. Lottano per avere il nostro passaporto, basti pensare che nel censimento del 2000 circa 20 milioni di loro hanno scritto "italian" quando gli è stato chiesto di definire l'origine. Da questo possiamo imparare che non tutto in Italia va cestinato. C'è una vivace comunità di italoamericani in Silicon Valley che fa ricerca nel campo della tecnologia e che è apprezzata, premiata, sponsorizzata. Orgogliosa di essere italiana.
Tanti si giocano la carta Usa per fare impresa. Questa è davvero la migliore Italia?
Non so se sia la migliore Italia. Secondo me la tempesta perfetta, in senso positivo, è l'integrazione tra il genio italiano e l'ambiente americano business friendly che promuove le idee, la volontà di lavorare duro esaltando l'individuo. Dall'altra parte c'è la capacità made in Italy di cavarsela e di migliorare che trova la perfetta applicazione nel mondo americano. Questo è uno dei motivi per cui We The Italians non vuole solo rappresentare ciò che è Italiano negli USA, ma anche di ciò che è americano nel nostro paese. Portare più America in Italia in termini di meno regolamentazione, meno tasse, più meritocrazia e tutto ciò che ha permesso agli Stati Uniti di diventare il paese più ricco del mondo, è esattamente quello di cui abbiamo bisogno per uscire dalla situazione di difficoltà in cui ci troviamo.
L'Italia avrebbe da imparare molto dal modello americano...
Siamo troppo lontani da quel modello. Che non è perfetto, ma che sicuramente ha permesso a milioni di persone nate dal nulla di emergere con fatica, lavorando duramente. È importante garantire opportunità. Il grande successo della comunità italiana negli Usa nasce da queste condizioni. Gli italiani hanno iniziato dal basso. Sottopagati, sottorappresentati, discriminati, hanno piano piano scalato i gradini della società fino a diventare leader in tutti i settori in cui si sono addentrati: economia, politica, imprenditoria, cultura, sport, spettacolo. Ai vertici trovi molto spesso italiani e ciò vuol dire che in situazioni favorevoli possiamo fare la differenza. Ed è proprio questo binomio vincente che vorremmo ricreare in Italia. Un piccolo scoop: per promuovere il modello americano nel nostro paese, l'11 giugno alle ore 15.00 - presso l'American University of Rome - daremo vita a un evento in cui presenteremo We The Italians. Interverranno il Presidente dell'American University of Rome, Richard Hodges, il Vice Presidente dell'American Chamber of Commerce, Eugenio Sidoli e tutto il Board della National Italian American Foundation (la più importante associazione che rappresenta gli italiani negli States), compresi il Chairman Joseph V. Del Raso e il Presidente John M. Viola. Con loro racconteremo l'America in Italia parlando di educazione, di commercio e delle idee degli italiani in America.
Che tipo è il Presidente della National Italian American Foundation?
È giovane: ha 29 anni. Un personaggio straordinario, che mi ha fatto sentire orgoglioso di essere, come lui, Italiano.
Fonte: L'Opinione delle Libertà
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