Ennio Tasciotti, 42 anni, è un pragmatico. Ritiene che «scoperte scientifiche nel mondo della ricerca biomedicale e pubblicazioni servano a poco se poi non hanno ricadute pratiche». Probabilmente accarezzano l’ego del ricercatore ma si perdono, quando non si riesce a portarle oltre i banconi del laboratorio. Bisognerebbe «renderle idee sostenibili, capaci di attrarre i finanziamenti di fondi e investitori qualificati». L’unico modo per tradurle in nuove terapie da utilizzare nelle corsie degli ospedali.
«Sa quanti brevetti non si traducono in nulla?». La gran parte. In Italia quasi la totalità, tanto che il panorama delle startup biotech, pur annoverando qualche lodevole eccezione, risulta ancora embrionale rispetto a Usa e Cina. Un peccato per il nostro Paese che potrebbe primeggiare nel panorama internazionale. Per questo Tasciotti, laureato in biologia molecolare alla Normale di Pisa e specializzato in medicina molecolare, ha appena deciso di tornare in Italia.