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Il voto degli italoamericani

Gli Stati Uniti hanno appena archiviato una delle campagne più dure e combattute di sempre. Segnata da una reale incertezza dell'esito fino a pochi giorni prima della consultazione, miliardi di dollari investiti e un pesante calo percentuale della partecipazione al voto. Mai come questa volta, si sono contrapposte due visioni completamente diverse del futuro degli States, dei 'doveri' dello Stato e del grado di tutela e protezione da riservare alla società civile.

Ma come hanno vissuto tutto questo le nostre comunità all'estero? Dati precisi sulle scelte elettorali degli italo-americani non sono al momento disponibili e non è prevedibile che ci saranno nell'immediato futuro, perché è difficile perfino stabilire il numero esatto dei nostri oriundi. Infatti, la definizione "di origine italiana" è scomparsa dai formulari degli ultimi due censimenti federali.

Chi lo desidera, può inserire l'indicazione della propria ascendenza nazionale sotto la voce "other", "altri", di "altro lignaggio", o "alieni" dai principali filoni etnici e razziali, tradizionali ed emergenti, che compongono ormai la maggioranza del popolo degli USA. Non a caso, pare ormai ineluttabile la scelta di aggiungere lo spagnolo come seconda lingua nazionale e, forse in un futuro prossimo, il cinese.

Può essere utile aprire un breve excursus sulla presenza e le concentrazioni dei nostri concittadini e oriundi negli Stati Uniti. Le Little Italy, di cui ancora parlano alcuni giornalisti italiani ostinandosi a riproporre obsolete immagini di repertorio, stanno progressivamente e sempre più velocemente scomparendo dalle grandi città americane. Le ragioni sono molte e includono l'invecchiamento e assottigliamento dell'emigrazione dell'immediato dopoguerra, la moltiplicazione generazionale, il successo professionale e imprenditoriale, il massiccio arrivo di componenti della nuova emigrazione e della mobilità, i quali ultimi si inseriscono molto presto nel mainstream americano, all'interno del quale diventano politicamente attivi.

Nella stessa New York, la Little Italy di Manhattan è ora abitata quasi esclusivamente dai cinesi della confinante Chinatown, le leggendarie Arthur Avenue del Bronx e 18th Avenue a Brooklyn sono punti d'arrivo dei gourmet in cerca di cibi genuini made in Italy e nel Queens le zone italiane sono da tempo condivise con le comunità greche, polacche, russe e così via. Con le dovute differenze, lo stesso si può dire quasi ovunque nei grandi centri abitati. In controtendenza ci sono soltanto alcuni paesi della Florida, dove si sono trasferiti molti pensionati provenienti da specifiche cittadine italiane. Ne cito una per tutte: Port St. Lucie è diventata 'un'enclave' di pugliesi originari di Mola di Bari, che sono riusciti perfino ad eleggere sindaco una giovane compaesana.

Ai trasferimenti dal quartiere etnico della tradizione ad una zona residenziale, emblema del successo raggiunto, corrispondono spesso cambiamenti di rotta in materia di voto: dalle iniziali appartenenze solidamente democratiche alla preferenza per la scelta del singolo candidato (indipendentemente dal partito), all'astensione nel caso in cui non vi sia una motivazione più che concreta per recarsi alle urne. Quella dell'astensionismo, d'altronde, sembra essere una piaga crescente nell'intero elettorato USA. Infatti, è stato poco più del 25% degli aventi diritto a consacrare Obama ad un secondo mandato e questo sebbene stavolta la scelta fosse tale da implicare un totale rovesciamento della politica interna ed estera del Paese.

Anche le istanze fatte proprie dagli italiani in USA si evolvono nel tempo quanto a caratteristiche, spessore e importanza: si è passati da un'attenzione altissima per i temi più propriamente sociali e del welfare alla mobilitazione per le battaglie per la difesa dell'ambiente, della sicurezza, della privacy, dei diritti civili.

Da cent'anni a questa parte, dal famoso Sciopero del Pane e delle Rose delle operaie e degli operai del tessile – immigrati da oltre trenta Paesi e con una massiccia presenza italiana – scoppiato nel 1912 a Lawrence in Massachusetts a guida degli italiani Arturo Giovannitti (molisano) e Joseph Ettor (campano), fino alla creazione dell'ILGWU dei lavoratori dell'abbigliamento ad opera di Antonini, gli italiani sono stati protagonisti dei movimenti sindacali più avanzati, dei primi passi del socialismo in USA, del sostegno solido e costante al Partito democratico.

Malgrado ciò, sin da allora le nostre comunità non hanno mai votato in modo compatto e riconoscibile e nemmeno in numero tale da riuscire ad eleggere nostri connazionali in percentuali pari al peso della presenza italiana nella società statunitense. Dunque, dicevamo, anche fra gli italiani cresce l'astensionismo secondo fasce di età, percorso educativo, percezione più o meno chiara dei benefici economici o di tutela della proprietà promessi dai diversi candidati.

C'è da aggiungere che negli USA per poter votare bisogna essersi registrati come elettori del Partito democratico, repubblicano oppure da indipendenti. Inoltre ogni Stato ha una sua diversa legge elettorale in materia di primarie, in base alla quale, ad esempio, agli indipendenti può essere riconosciuto o negato il diritto di esprimere la propria preferenza. Possono prevedere modalità selettive molto particolari, assunte dai più svariati tipi di organismi.

È il caso dei "caucus" dell'Iowa, in cui elettori di diversa appartenenza si ritrovano in diversi giorni e luoghi, dibattono pregi e difetti dei concorrenti, poi riempiono le schede e chi prevale, anche per una sola preferenza, si porta a casa il 100% dei voti. In altri Stati, al contrario, la legge fissa giorni precisi per la consultazione, negli stessi luoghi e con le stesse apparecchiature dell'elezione generale. Di solito gli italo-americani partecipano poco alle primarie. Per ovviare a questo fenomeno, dalla seconda metà degli anni '70 il sistema federativo dell'associazionismo di base ha lanciato giornate di registrazione degli elettori, in particolare negli Stati a vocazione democratica – come New York e New Jersey sulla Costa Est – con ottimi risultati, raccogliendo in questo modo anche i riferimenti di bacini di potenziali votanti.

E dunque, per tornare al quesito iniziale, come hanno votato gli italo-americani alle ultime presidenziali? Sulla base dei risultati di molte Contee a forte presenza italiana, dovremmo concludere che hanno votato in accordo con le tendenze prevalse negli Stati di residenza, riconoscibili ancora oggi dalle connotazioni cromatiche attribuite (arbitrariamente) dalle trasmissioni di analisi del voto della prima TV a colori: il blu per i democratici, il rosso per i repubblicani.

Sappiamo anche che negli Stati in bilico, ad esempio nell'Ohio, gli americani di origine italiana hanno votato per Obama perché, nonostante la durissima opposizione e le pesanti accuse dei repubblicani, decise di intervenire con notevoli finanziamenti per salvare l'industria dell'automobile nel Michigan e, di conseguenza, l'indotto della lavorazione della gomma in Ohio, che ha ora un livello di disoccupazione fisiologico, il più basso degli Stati Uniti. Si ricorderà come, sulla scia di quella battaglia, "the Grand Old Party" riuscì a conquistare la maggioranza al Congresso e a ridurre la presenza dei democratici al Senato al di sotto del numero magico di 60 su 100, che consente di portare in aula senza paralizzanti "filibustering" i progetti di legge proposti dalla Presidenza democratica e dal partito.

Le tendenze future sembrano indurci alla speranza, perché la nuova immigrazione italiana, in buona parte altamente scolarizzata, protetta da grandi sponsor e quindi ben presto in grado di ottenere la cittadinanza americana, porta con sé l'abitudine e la spinta a un impegno volontariato in politica e a dare nuova linfa ad un dibattito allargato a tutte le generazioni. Forse la vittoria piena, non più sul filo di lana, sarà possibile anche se queste nuove forze riusciranno a rinverdire le antiche abitudini di militanza delle nostre comunità e a motivarle a esprimersi in modo finalmente compatto e riconoscibile.

di Silvana Mangione

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We the Italians # 194