Scatto dell'export di moda verso gli Usa (+21%). A gonfie vele l'abbigliamento maschile

Feb 03, 2013 827

Soprabiti fluo, giacche leggere, sahariane nei toni pastello, blazer stampati: dalle vetrine scenografiche dei department store fanno capolino le collezioni primaverili di alcune tra le più note griffe italiane. Per strada, tra i grattacieli e gli inconfondibili taxi gialli, c'è invece chi si ripara dal freddo sfoggiando cappotti, piumini e mantelle. Anche in questo caso made in Italy. Chi vede nei Bric e nel loro interesse crescente verso la moda italiana la soluzione - o, almeno, una delle soluzioni - alla crisi dei consumi che affligge l'Europa, sottovaluta gli Stati Uniti: quella sopra descritta non è Pechino né Hong Kong né, tanto meno, San Paolo. Si tratta di New York, citata come simbolo di un mercato, quello americano, che per l'Italia rimane una delle principali destinazioni export.
A confermarlo, come sempre, sono le cifre. Tra i dati Istat elaborati da Sistema moda Italia - relativi al commercio estero tra Italia e Usa nel settore tessile-moda tra gennaio e ottobre 2012 - spicca proprio la voce outerwear. Nonostante la forza dell'euro sul dollaro, i numeri in sensibile crescita tracciano un quadro all'insegna della competizione che vede un vero e proprio testa a testa tra uomo e donna: l'export di vestiario esterno maschile nei primi 10 mesi del 2012 è aumentato del 21,9% attestandosi sui 261,5 milioni di euro. Una cifra di poco superiore a quella relativa alle esportazioni nel vestiario esterno femminile, pari a 260 milioni di euro, che, tuttavia, ha segnato "solo" un +11,3%.
LA LEADERSHIP DELL'ABBIGLIAMENTO MASCHILE
Che sia per la cura del dettaglio, per il fit impeccabile o per i materiali sofisticati poco importa: quel che conta è che, nei primi dieci mesi dello scorso anno, sempre più uomini americani hanno scelto di indossare giacche, giubbini, pantaloni e cappotti made in Italy. Lo stesso hanno fatto le donne, sebbene con un incremento minore rispetto allo stesso periodo del 2011.
Allargando il focus sulle esportazioni dell'intera industria tessile-abbigliamento, i dati forniti da Smi disegnano uno scenario positivo: tra gennaio e ottobre 2012, nonostante la crisi economica, il mercato americano si è confermato una destinazione privilegiata per il made in Italy, con un incremento dell'export del 20,9% per un totale di 1.035 milioni di euro. Sempre nello stesso periodo, il surplus della bilancia commerciale è salito del 21,9% attestandosi a 994 milioni; il valore delle importazioni, infatti, è stato di 40,7 milioni di euro.
Se si analizzano i singoli segmenti del settore, balza agli occhi l'andamento positivo della maglieria: nel gennaio-ottobre l'export della maglieria esterna maschile è balzato a 79,8 milioni di euro segnando un +38,7%; anche le esportazioni della maglieria esterna femminile sono cresciute a doppia cifra: +18,4% per un valore di 103 milioni. Performance positive anche per la camiceria femminile (+26,4%) e per i costumi da bagno da donna (+48,3%), per la maglieria intima maschile (+36,5%) e per la cravatteria (+21,5%).
UN FEELING DURATURO
Quella tra l'Italia e gli Stati Uniti, quando si parla di moda, è una relazione ormai duratura: da un lato lo stile del Belpaese preso a modello dagli americani, grandi estimatori della sartorialità made in Italy, come dimostrano i tanti uomini politici che, nel corso degli anni, si sono fatti confezionare abiti e cravatte su misura, tra cui John F. Kennedy e Bill Clinton; dall'altro gli stilisti italiani che hanno visto negli Usa e in Hollywood il bacino ideale cui attingere per farsi conoscere a livello globale, grazie ad attrici, attori e celebrità varie.
Un trend, quello che porta i designer italiani in America, che continua tuttora: Alberta Ferretti ha presentato all'inizio di gennaio la sua collezione pre-fall 2013 a Los Angeles, mentre la sfilata del marchio Philosophy si terrà nell'ambito della New York Fashion Week: «Sei anni fa ho deciso di portare a New York la sfilata Philosophy - dice Alberta Ferretti - e proprio a New York ho scelto Natalie Ratabesi, nuovo direttore creativo della linea, che negli Usa ha vissuto e lavorato per 10 anni».
Sebbene l'americacentrismo possa sembrare il leitmotiv delle ultime edizioni della settimana della moda New York, non mancano le presenze italiane. In calendario alla Nyfw A-I 2013-14 c'è anche Diesel Black Gold, label dell'universo Diesel in passerella il 12 febbraio, ormai una presenza fissa all'interno del calendario newyorkese.
Il 9 febbraio, invece, Bulgari inaugurerà all'interno della boutique sulla Fifth Avenue la prima Serpenti Gallery, dedicata alla collezione Serpenti e alla sua storia. Durante l'evento la maison presenterà il volume "Bulgari: Serpenti Collection" edito da Assouline, mentre Brooks Brothers, marchio storico controllato da Claudio Del Vecchio, presenta le collezioni main e Black Fleece, disegnata da Thom Browne.
IL SISTEMA ITALIANO COME HUB CREATIVO
E proprio da uno dei department store più iconici d'America, Saks Fifth Avenue, arriva la conferma del ruolo strategico delle firme italiane sul mercato statunitense. «L'Italia è un paese di vitale importanza per noi - racconta a Moda24 Ron Frasch, presidente di Saks Fifth Avenue - non solo per quanto riguarda i marchi italiani, ma anche per quanto concerne i brand che producono in Italia o che impiegano tessuti italiani. Il sistema moda, e noi con esso, è estremamente dipendente dall'Italia e oserei dire che, senza il contributo delle vostre aziende, questa industria non esisterebbe così com'è oggi».
A dimostrazione di ciò Ron Frasch e il suo team di buyer si fermeranno a Milano per una settimana, in occasione di Milano moda donna: «Sebbene oggi il ruolo di leader tra le capitali mondiali della moda sia conteso tra New York, Londra, Parigi e Milano - continua Frasch - penso che il sistema moda italiano possa guadagnare nuova energia proponendosi come hub creativo agli occhi dei giovani talenti internazionali».
Il team di Saks Fifth Avenue, infatti, sarà alla Milano fashion week anche alla ricerca di designer emergenti: «Destiniamo una parte del budget al supporto dei giovani - chiosa il presidente - con uno sguardo a lungo termine: vogliamo dare loro la chance di studiare i consumatori americani, ma anche di sbagliare perché è così che s'impara. Tra gli italiani mi piace molto il lavoro di Tommaso Aquilano e Roberto Rimondi».

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