BY: Alina Di Mattia
“Guardano gl’italiani, guarda reverente il mondo tutto a queste spoglie onorande di Giuseppe Verdi. Qui, ricomposte in gloria perpetua, nella dolce dimora ospitale dal sommo Maestro voluta”. Recita la targa apposta all’ingresso di ‘Casa Verdi’, in Piazza Buonarroti a Milano.
Un tempio della memoria musicale che Giuseppe Verdi volle realizzare, su suggerimento della moglie Giuseppina Strepponi, per ospitare gli artisti ormai in pensione. “La sua opera più bella” la definiva il massimo operista italiano, un gesto di grande generosità che ha permesso ad una molteplicità di anziani artisti di vivere “come se lui abitasse lì, come se chi andasse in quel luogo potesse incontrarlo”. E infatti il sommo compositore è seppellito proprio nella cripta del palazzo, insieme alla sua sposa.
Nelle nobili intenzioni del Maestro il desiderio di costruire una residenza in cui i musicisti potessero riposare a loro agio, senza necessariamente portarsi dietro il peso di traguardi, clamori, successi. Un luogo dall’atmosfera aristocratica aperto a chiunque avesse esercitato “l’arte musicale per professione“, nonché rincorso quelle chimere spesso impossibili da realizzare. Musicisti, attori, ballerini, sognatori: senza nessuna distinzione tra nomi altisonanti o “vecchi artisti di canto non favoriti dalla fortuna” e, come scrisse il compositore e critico musicale Gianandrea Gavazzeni, “nel sovrano rispetto della dignità umana”.
‘Casa Verdi’ fu inaugurata il 10 ottobre del 1902, l’anno successivo alla morte del celebre compositore, proprio nel giorno del suo compleanno. Da allora, nelle stanze del palazzo neogotico, progettato dall’architetto Camillo Boito, sono vissuti migliaia di artisti ma anche giovani studenti musicisti che collaborano ed interagiscono con gli anziani ospiti.
Un vero e proprio teatro d’opera in stile ottocentesco e in cui ogni oggetto, ogni presenza racconta di un passato glorioso e dedito all’Arte. Una struttura aperta ai parenti degli ospiti, senza alcuna restrizione di orario, ma che può essere frequentata anche dal pubblico. Tra quei muri hanno camminato Puccini, Strauss, D’Annunzio, persino Re Umberto I e Mussolini. Con un’offerta libera si possono ammirare arredi e collezioni d’arte, come alcuni dipinti di Domenico Morelli, i busti di Vincenzo Gemito che rappresentano il Maestro, i ritratti di Carlo Stragliati, la spinetta sulla quale Verdi iniziò a suonare, il dipinto di Giovanni Boldini che fu utilizzato per le 1000 lire più famose d’Italia, e persino abiti ed altri oggetti personali rinvenuti nella camera dell'Hotel de Milan, nel quale il musicista trascorse gli ultimi istanti di vita. All’esterno del palazzo la magnifica vista di un giardino con un frutteto, tra i cui alberi fanno capolino quelli di kaki, frutto che Verdi amava particolarmente. Non a caso fu uno dei primi ad importarne le piante nel 1888.
Nonostante sia trascorso oltre un secolo dalla sua scomparsa, nella residenza si respira ovunque la presenza del Maestro. Quella “concretezza da contadino colto”, come sottolineò qualcuno, che traspare in ogni angolo del prestigioso palazzo, attraverso la suggestiva atmosfera di un tempo nobile e prestigioso che non tornerà mai più, ma che è possibile cogliere nello sguardo nostalgico di chi, in quella 'fuggevol ora', ci vive.
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